VIETNAM 1^PARTE (01 dicembre – 14 dicembre 2024)

CHAU DOC – 01/03 dicembre 2024

Terminata la settimana di volontariato nella scuola in Cambogia, è ora di rimettermi in viaggio da sola. Si tratta di raggiungere la seconda nazione di questo viaggio di tre mesi nel Sud Est Asiatico, il Vietnam, e voglio arrivarci in barca. Partendo dalla scuola cambogiana nella campagna attorno a Phnom Penh, raggiungo con un tuk tuk proprio la capitale della Cambogia, Phnom Penh, da dove partono le barche per il Vietnam. Chiedo ad alcune agenzie di trasporto per confrontare i prezzi del tragitto e alla fine opto per la barca più conveniente, quella dell’agenzia proprio sul porto ($40, compagnia Hàng Châu SpeedBoat). La barca partirà alle 12.30 per una navigazione che in 5 ore, comprese le partiche burocratiche di confine, mi porterà a Chau Doc, la prima cittadina del Vietnam appena dopo il confine cambogiano. Lascio lo zaino all’agenzia e ne approfitto per camminare ancora un po’ a Phnom Penh, senza una meta precisa ma godendomi le strade. Trovo anche una piccola libreria/caffè molto carina e silenziosa che mi permette per un attimo di isolarmi dal caos della città (The Reading Lounge Library). Arriva presto il momento di imbarcarsi: in totale siamo solo 5 viaggiatori sulla barca: io, una coppia di inglesi e una coppia di francesi, che avrò poi modo di conoscere meglio anche in Vietnam. La navigazione è tranquilla e piacevole, mi godo un po’ l’esterno della barca e un po’ i sedili all’interno, essendo in pochissimi ho l’imbarazzo della scelta su dove sedermi. Le pratiche di confine sono abbastanza rapide: ci si ferma prima al confine cambogiano e poi a quello vietnamita, ti fanno scendere dalla barca, consegnare i documenti e aspettare di riaverli indietro col timbro d’ingresso nel nuovo paese. Tutto scorre senza intoppi e così arrivo finalmente a CHAU DOC in Vietnam con la luce che inizia a tramontare, regalandomi già una immagine suggestiva di questa nuova nazione! Scesa dalla barca, con un certo languorino, trovo uno street food dove accettano dollari (non ho ancora cambiato i soldi nella moneta locale, il Dong Vietnamita) e con un bike-taxi arrivo poi alla guesthouse: con un minimo di inglese, google traduttore e l’aiuto dei passanti si risolve qualsiasi situazione, anche dove la barriera linguistica non lo consentirebbe.

Il giorno successivo, memore delle lezioni di scooter fatte in Cambogia con Manu, mi sento pronta per noleggiare da sola uno scooter alla guesthouse; qui a Chau Doc è senza dubbio l’opzione giusta perché permette di vedere le cose interessanti attorno alla città. Parto quindi verso la mia meta, Tra Su Forest. Sfrutto come sempre la app Mapy.cz per navigare le stradine di campagna (Google Maps qui non è sempre affidabile) ed è un percorso bellissimo, tra villaggi, strade sterrate, risaie: uno spettacolo per gli occhi e fattibilissimo da guidare, mi permette di prendere confidenza con lo scooter. La foresta è carina da visitare, propongono sia un tour con una barca a remi guidata da una donna locale, sia un tour con barca a motore; se si ha tempo, visto il costo ridotto, vale la pena farli entrambi per vedere tutta la foresta; il tour con la barca a remi è lento e si viaggia sul fiume tra le foglie di fiori di loto quindi se bisogna sceglierne uno, farei questo. La foresta è comunque molto turistica: terminato il tour in barca si passeggia su passerelle circondate da negozietti dove acquistare cibo o prodotti locali, ma è comunque un posto che merita una visita. Riprendo quindi il mio mezzo a due ruote per andare verso il Monte Sam. Inizialmente pensavo di lasciare la moto alla base e salire fino alla cima a piedi (con i suoi ben 230 mt!) ma sarà che ci arrivo sotto il sole delle 13, sarà che la strada è tutta asfaltata, decido di salire col mio scooter. La vista in alto in realtà non è così speciale, ma mi ha divertito salire i tornanti in moto e proprio sulla cima incontro la coppia di francesi che erano con me in barca e ci accordiamo per vederci a cena la sera stessa. E’ piacevole questa solidarietà tra viaggiatori. Rientro a Chau Doc per vedere il suo mercato, trovo un buon posto dove mangiare vegetariano a prezzi bassissimi e porzioni abbondanti (Tiem Com Chay Thanh Tinh); sosta alla guesthouse per riposare un poco e la sera chiacchiere piacevoli con la coppia francese con cui ci scambiamo suggerimenti sulle cose da vedere.

HO CHI MINH alias SAIGON – 03/06 dicembre 2024

Oggi si riparte destinazione HO CHI MINH: 6 ore di bus da Chau Doc che passano comodamente, trattandosi dei tipici bus vietnamiti con sedili reclinati per dormire; se non sei una stangona di 2 metri ci stai comoda. E si fanno sempre tappe sosta per bagno e per mangiare, quindi: bus altamente raccomandati come mezzo per spostarsi, se le distanze sono ragionevoli. All’arrivo, sentendomi carica dal mio mese di viaggiatrice, declino le offerte dei tuk tuk solo per provare l’ebbrezza del bus locale: come sempre la soluzione è chiedere in giro, quindi mi indicano un bus, salgo e faccio vedere al ragazzo addetto ai biglietti dove devo andare, lui con un gesto sbrigativo mi fa capire di sedermi. Nel dubbio mentre il bus viaggia verifico sul cellulare se è davvero la mia direzione…ebbene sì! Mezzora di viaggio e mi trovo a breve distanza dal mio ostello. Facile, veloce, economico – sembra uno spot. Ostello carino e pulito, in buona posizione per visitare la città e soprattutto con camerata piccola solo femminile, una rarità (Alleyway Hostel). Lascio i bagagli per andare a scoprire la città, su cui ho letto pareri discordanti del tipo “o la ami o la odi”: certo l’impatto appena arrivi è di caos totale, e le storie sul rischiare la vita attraversando la strada con i motorini che sfrecciano sono reali. Ma l’atmosfera che ti accoglie non è respingente, sarà che sono reduce già da un mese in Asia quindi forse più abituata a questo flusso ininterrotto di persone, bancarelle, motorini, pulmini – bisogna solo inserirsi nel flusso e farsi trasportare! La strategia per attraversare la strada il primo giorno è stata accodarmi ai locals che devono attraversare (modalità stalking); nei giorni successivi ho ricevuto da persone del posto le indicazioni giuste su come fare: attraversare senza mai fermarti, cercando il contatto oculare con gli autisti folli che vengono verso di te alzando bene la mano in alto per farti vedere, tenere un’andatura costante, senza MAI e proprio mai fare passi indietro; magicamente funziona e – faccio corna – non ho mai visto incidenti! Camminando raggiungo alcuni dei punti interessanti della città, come la Notre Dame Cathedral, purtroppo incellofanata per lavori in corso, il Central Postal Office e la via dei libri, la Book Street. Mangio il mio primo Bánh mì, il “panino” tipico vietnamita che crea dipendenza e mi godo questa nuova città camminando nelle sue strade.

Il giorno successivo mi alzo presto per scoprire la città al suo risveglio; il consiglio è andare nel parco Tao Dan dove ammirare gli abitanti che fanno attività fisica, fin dalle 6 di mattina: badminton, tai chi, Da cau (una specie di badminton giocato con i piedi, è lo sport nazionale in Vietnam), fino alle signore che danzano con ventagli. E’ tutto uno spettacolo da vedere! E poi si incrociano folle di bambini e ragazzi che vanno a scuola nelle loro uniformi; si percepisce che la città inizia a vivere, con quel caos che la accompagnerà fino a tarda sera. E’ forse il momento più bello della giornata. Proseguo poi a visitare il Remnants Museum, museo dedicato al tema della guerra del Vietnam, con fotografie dei reporter di guerra e residuati bellici, ricco di spunti per riflettere sulla brutalità della guerra, da qualunque parte venga combattuta (non conoscevo l’utilizzo e gli effetti devastanti sugli uomini e sull’ambiente del tossico Agente Arancio usato durante questa guerra). Torno a camminare per le vie della città e nel pomeriggio mi iscrivo a un Free Walking Tour a tema Street Food (sempre tramite la piattaforma Guru Walking Tour, utilizzata anche in Cambogia): siamo solo io e una ragazza americana con la nostra guida Kio, ragazza del posto. Il tour è molto carino e Kio ci accompagna in una zona fuori dal solito distretto turistico, regalandoci tanti aneddoti relativi alla vita e alla cultura della città oltre alle spiegazioni sulle mille varietà di street food. Come già mi è accaduto in altre situazioni in questo viaggio, mi rendo conto di quanta fortuna abbiamo noi italiani, ed europei in generale, a non avere limitazioni nel viaggiare, né di tipo burocratico né economico (viaggiare in Vietnam è per noi molto vantaggioso, anche a budget ridotto). La nostra guida è un po’ più giovane di me e queste possibilità non le ha. Torno in ostello alla fine del tour super sazia, scambio due chiacchiere con le altre ragazze in stanza, e mi addormendo.

La giornata successiva ha come meta Chinatown che, contrariamente a quanto pensassi all’inizio, non si riduce a poche vie raggruppate ma abbraccia un quartiere immenso (distretto 5) tanto che è difficile capire dove inizia esattamente. Passeggio tra mercati, pagode, templi di vario genere (induisti, taoisti, buddisti). Per ritornare verso il distretto 1, quello più turistico, utilizzo una moto-taxi (sfruttando la validissima app Grab) – è un’esperienza da fare, sentirsi dentro il traffico incasinato dei motorini di Saigon, saldamente aggrappati al proprio autista. Pranzo gustandomi il Pho (la tipica zuppa vietnamita) all’ottimo Pho Viet Nam, che ha pure un riconoscimento sulla guida Michelin – ma qui si mangia a meno di 5 dollari! Mi sposto quindi al The Cafè Apartments, uno dei luoghi da vedere e fotografare della città. Si tratta di un edificio di vari piani dove al posto degli appartamenti ci sono tanti caffè: quando si è alla base e si guarda verso l’alto tutti questi piccoli caffè uno di fianco all’altro, è sicuramente un bell’impatto visivo; io scelgo il Pho Cafè consigliato ieri dalla guida per gustare una delle innumerevoli varietà di caffè vietnamiti, il coconut cafè. Scopro per caso che proprio davanti a questo edificio c’è in corso il campionato mondiale di TeqBall, uno sport che non avevo mai sentito nominare, un mix tra calcio e ping pong; si utilizza un tavolo incurvato dove i giocatori devono colpire la palla con qualsiasi parte del corpo tranne che con le mani e le braccia. Mi godo lo spettacolo di qualche partita seduta sulle gradinate attorno ai vari campi di gioco. E qui stabilisco il mio verdetto su Ho Chi Min: io sono tra quelli che la amano!

MUI NE – 06/08 dicembre 2024

Riparto la mattina col bus da Ho Chi Minh e in circa 3 ore sono a MUI NE. E’ una cittadina sul mare, mi prospetto giusto un paio di giorni di relax. Arrivata all’ostello noleggio una bicicletta e parto verso le Fairy Stream & Waterfall: si tratta di un piccolo torrente poco profondo che può essere risalito a piedi, camminando a piedi nudi su un terreno morbido/fangoso, con l’acqua che arriva al massimo al polpaccio; al termine del percorso c’è una piccola cascatella ma la cosa più bella è che da metà risalita in poi si passa vicino alle dune di sabbia rossa, uno dei motivi per cui è famosa Mui Ne, con un bell’impatto visivo tra l’azzurro del cielo e il rosso della sabbia. Ecco poi, come spesso accade, dalle fotografie che si trovano sulle guide sembra sempre un posto spettacolare…nella realtà niente di così effetto wow; soprattutto all’inizio quando si parte circondati da gruppi di turisti che si tengono per mano ci si sente un po’ in gita, poi pian piano durante la risalita la folla si dirada e si gode un po’ di più il contatto con la natura. Una volta tornata al punto di partenza (al ritorno si cammina di nuovo nel torrente, in direzione opposta a dove si è arrivati) proseguo in bici per vedere il porto di Mui Ne col mercato dei pescatori: la strada arriva dall’alto rispetto alla spiaggia e sarebbe anche un bel colpo d’occhio sul porto e sulle barchette caratteristiche a forma di scodella che riempiono la riva, se non fosse che un secondo dopo si nota tutta a sporcizia accumulata sulla spiaggia che rende questo quadro decisamente meno poetico.

La giornata successiva inizia con…pioggia! Non me l’aspettavo proprio, mi tocca rientrare nella mia camerata a prendere la mantella e, dopo un caffè, ripartire comunque con la mia bici. In realtà la pioggia dura poco e, visto che voglio godermi una bella pedalata di circa 12 km fino alla cittadina di Phan Thiet, il tempo un po’ coperto non è poi così male, se ci fosse il sole sarebbe da collasso. Fortuna, ottimismo? Probabilmente entrambi. Arrivata alla cittadina, mentre pedalo a zonzo vedo poco distante un gruppo di donne ferme sulla riva di un fiume che parlano animatamente tra loro, qualcuna ha del pesce in vendita, altre sono sedute a chiacchierare. Mi incuriosiscono troppo e mi fermo a scattare con discrezione qualche foto. Al che una di loro, che poi ho rinominato la Boss del porto, viene a presentarsi e scambiamo due chiacchiere in inglese (lo parla bene!): scopro che ha 65 anni e si occupa di ricevere il pesce dalle barche e poi distribuirlo alle altre donne che lo vendono. Ha una forza, di fisico e di spirito, incredibile che si nota anche solo osservando come cammina e come impartisce ordini a tutti! Mi sorride e mi fa segno che lei è forte, “no husband, no children” mi dice indicando sé stessa, facendomi capire che deve solo contare su di sé. Quanta energia. Mi dice di farmi un giretto in bici nei dintorni e ripassare dopo mezzoretta per gustarmi l’arrivo delle barche col pesce. Visto il suo carisma ovviamente ubbidisco al volo! Giretto in bici, mi siedo a bere un te caldo che in realtà mi viene offerto dalle donne sedute accanto a me (non parlano inglese, ma un po’ con i gesti e un po’ con google translate italiano-vietnamita si va via lisci), e come ha predetto la Boss le barche iniziano a arrivare, lei si mette in moto con le altre donne e io mi godo la scena: è stato davvero bello e autentico vivere questa esperienza!

Riprendo la mia bici e penso che potrei andare verso il faro di Ke Ga, ancora più a sud – a ben 32 km da Phan Thiet – faccio un pezzo di strada ma poi mi trovo a dirmi: e chi me lo fa fare? Devo per forza raggiungerlo? No! Allora mi fermo in un caffè accanto alla strada a prendermi un’ennesima variante di caffè del Vietnam (questa davvero strana, dico solo che dentro c’erano anche delle piccole uova di quaglia…forse dovrei imparare a leggere meglio cosa contengono le cose che ordino!) poi mi perdo girando totalmente a caso in bici nelle stradine di un mercato locale: è uno spettacolo, ci si trova catapultati nel caos della vita, dei motorini incolonnati, delle venditrici che se ne stanno placide con le ruote degli scooter a 2 cm dai loro piedi. Sorrido! Ogni tanto imbocco qualche vicolo cieco e allora chi mi vede inizia a richiamare la mia attenzione sbracciandosi e facendomi capire che di lì non si va da nessuna parte; sorrido, ringrazio e torno indietro. Senza fare nulla di spettacolare questa giornata, tra la Boss del porto e il giro in bici nei mercati, resta uno dei ricordi più autentici del Vietnam! Rientrata in ostello prendo il mio costume e scappo in spiaggia a godermi lo spettacolo dell’oceano, dei kite surf (numerosissimi perché è una zona molto ventosa) e mi godo un tuffo.

DA LAT – 08/10 dicembre 2024

In mattinata prendo un bus direttamente dall’ostello di Mui ne che mi porterà in circa 5 ore di viaggio verso DA LAT, una cittadina in quota (1500 mt) che definiscono “la città dell’eterna primavera” per il suo clima temperato tutto l’anno. La strada nel salire è caratterizzata da tanti tornanti e alcuni lavori in corso che quindi non rendono il percorso facilissimo, ma arrivo a destinazione senza scombussolamenti di stomaco. Scesa dal bus approfitto di uno dei tanti moto-rider disponibili a accompagnare i turisti ai propri alloggi per farmi portare in ostello; il mio autista vorrebbe anche convincermi a prenotare un tour con lui il giorno successivo e usa una tattica carina: mi fa leggere un quadernetto di “recensioni” scritte a mano dai vari turisti che hanno accettato la sua proposta tour. I commenti sono scritti nelle diverse lingue, e ci tiene a farmi leggere almeno 3 o 4 recensioni soddisfatte di clienti italiani. Beh in effetti è una tecnica valida, essendo una donna in viaggio da sola, l’idea di accettare un tour con un uomo in moto di cui non si sa nulla non è proprio rassicurante (sono tutti rider “fai da te”, non guide ufficiali) – in questo modo per lo meno si vede che ha organizzato parecchi tour, per gruppi, coppie o persone singole e tutti sono stati soddisfatti della gita. Certo, da turista europea subito mi viene da pensare “magari ha inventato questi commenti, o se li è fatti scrivere da amici” ma qui in Vietnam ho capito che questa mentalità diffidente ha poco spazio, e non vuol dire essere incoscienti ma significa almeno non pensare come prima cosa al peggio e che gli altri ti vogliano fregare. In ogni caso, purtroppo per il rider, voglio vedermi la città da me quindi niente tour. Lascio i bagagli in ostello e vado a piedi alla scoperta del mercato di Da Lat: per la prima volta vedo in Asia un mercato su più piani, ogni piano è dedicato a un genere diverso (pesce, alimenti, vestiti, scarpe). Certo, tutto con organizzazione asiatica dei mercati eh (leggi: un caos unico) – però vedere questo edificio multipiano è una novità. La serata prevede una cena barbeque in ostello in modo da scambiare qualche chiacchiera con gli altri viaggiatori, e passa in modo piacevole.

La mattina successiva mi sento pronta per noleggiare lo scooter! Dico mi sento pronta perché la serata precedente un ragazzo ha intrattenuto noialtri descrivendo l’incidente che ha fatto in motorino qualche settimana prima in un’altra città del Vietnam, con le vicissitudini conseguenti, e quindi ecco, diciamo che qualche pensiero negativo me l’ha instillato. Anche perché teoricamente per guidare la moto in Vietnam servirebbe la patente internazionale (che si può richiedere pagando, niente di complicato, ma non è stato un mio pensiero prima di partire) – anche se poi tutti dicono che se la polizia ti ferma paghi la multa, più o meno maggiorata a discrezione del poliziotto, e bon. Però non vorrei provare questa esperienza. Le strade in città sono sempre belle caotiche, bisogna avere duemila occhi per seguire il navigatore e guardarsi in giro cercando di non fare danni; quando devo attraversare un incrocio serve la mia massima concentrazione. Ma tutto per fortuna scorre liscio e lo scooter è un ottimo modo per vedere i dintorni della città: vado al lago Tuyen Lam Lake (carino, peccato che il clima un po’ cupo e grigiastro non aiuti troppo), e poi tappa in città alla Crazy House. Questa è da vedere, si tratta di un mix tra albergo/museo/cantiere in continua costruzione creato dalla mente dell’architetta vietnamita Dang Viet Nga: si entra e ci si sente un po’ a Gardaland e un po’ in un sogno onirico; si salgono scale strette e ripide che sembrano steli di un fiore, che entrano ed escono dagli edifici in modi strani, si entra in un piano dove hanno ricreato un vero e proprio acquario (e sorrido per la felicità di alcune signore asiatiche di mezza età che si fanno fotografare sdraiate a terra, accanto all’immagine di uno squalo mentre fingono di essere divorate). Non ho idea di come possa esistere un edificio simile, ed essere stabile!

Riprendo il mio mezzo, passo al Yersin Park e proseguo verso la pagoda Chua Linh Phuoc. Anche qui la pazzia dei Vietnamiti è evidente: ci si trova davanti ad un edificio immenso e opulento fatto da cocci di vetro, ceramica e porcellana, un Budda fatto di fiori, e un dragone fatto da bottiglie di birra. E non è finita, accanto a questo immenso edificio si trova una sorta di negozio di antiquariato con tavoli massicci intarsiati, ripiani preziosi di giada, e di nuovo tanta tanta opulenza…e poi mentre cammini dentro questo negozio (ma non ho ancora capito cosa sia in realtà) ti imbatti in una piccola scaletta, scendi e ti trovi all’Inferno! A questo punto è come essere nella casa stregata di un luna park, percorri al buio assoluto uno stretto corridoio che mostra una dopo l’altra diverse celle contenenti demoni di cartapesta, persone dannate, essere malvagi, il tutto con rumori di sottofondo inquietanti, urla o strani versi. Al termine risali un’altra scaletta e puf, come per magia torni tra i tavoli preziosi del negozio. E ti chiedi se tutto è stato vero o se hai sognato! Al rientro verso Dalat faccio sosta alla Old Railway Station – la vecchia stazione ferroviaria dove osservare gli antichi vagoni e prendersi una cioccolata al bar accanto, niente di incredibile ma è di passaggio verso la città. Lascio lo scooter all’ostello (soddisfatta, ma stressante!) e torno a girare a piedi lungo la riva del Xuan Huong Lake, il bel lago che si trova nella città eche in questo periodo ospita il Flower Festival e quindi mi posso gustare l’esposizione di fiori meravigliosi, giardini curati e folle di asiatici che si mettono in posa per i selfie; li guardo ammirata perché sanno davvero come scattare una bella foto. Rifletto sul fermarmi o meno un giorno in più qui a Da Lat; la cosa bella del viaggio lungo è che si ha questa flessibilità nel decidere, cosa che normalmente nelle solite vacanze “toccata e fuga” non ci si può permettere. Qui però gioca a favore della decisione di spostarmi il meteo che, pur non essendo piovoso, resta sempre piuttosto grigio e nuvoloso; so che nei dintorni di Da Lat ci sarebbero tante bellezze naturali da esplorare (cascate, trekking, piantagioni di caffè e aziende di vino) ma con questo meteo credo che non ne godrei appieno; se si trovano giornate di sole quindi vale proprio la pena fermarsi almeno un giorno in più.

La mattinata successiva trascorre lenta tra zaino da preparare, giro per caffè, pranzo e giro al mercato in attesa dello sleeping bus che mi porterà alla città successiva, Hoi An, in circa 13 ore di viaggio. Sono emozionata perché tantissime persone mi hanno parlato molto bene di questa nuova città, famosa per le sue lanterne, ma nello stesso tempo un po’ preoccupata dal meteo perché danno pioggia, anche molto forte…vedremo. L’esperienza sleeping bus Da Lat – Hoi An ha facce diverse: il bus di per sé è bello ($26 spesi bene), si ha la propria cuccetta a diposizione per dormire con tanto di copertina e tenda per la privacy e, per le mie misure, ci sto comodamente. Il tasto dolente è la guida: la strada parte con molte curve perché si scende rispetto all’altitudine di Da Lat e l’autista guida con continue accelerate-frenate. Morale, già dopo 5 minuti capisco che il mio stomaco verrà messo a dura prova; realizzo che se sto sdraiata percepisco meno il mal d’auto quindi dopo una chiacchierata veloce col mio vicino (un ragazzo francese che abita in Vietnam) passo il tempo sdraiata e cerco di inspirare/espirare profondamente per attenuare la sensazione di nausea. Per fortuna dopo un po’ si fa una pausa cibo (ma figuriamoci se con lo stomaco così riesco a mangiare qualcosa! Però almeno faccio due passi) e si riparte. Verso le 6 del mattino vengo svegliata dall’assistente dell’autista che passa a chiamare chi deve scendere ad HOI AN…sono arrivata! Ancora intontita dal sonno mi ritrovo in strada con i miei zaini e mi incammino verso il nuovo ostello.

HOI AN – 11/14 dicembre 2024

Il meteo ahimè si conferma come previsto: pioggia, pioggia e ancora pioggia. Per tutti, e dico tutti, i giorni in cui sono stata a HOI AN. Devo dire che il primo impatto con questa pioggia mi ha scoraggiato e reso l’umore per la prima volta cupo in questa vacanza…mi sono ritrovata assonnata dalla nottata sul bus, senza ancora la stanza pronta e quindi senza una doccia (i check-in di solito partono sempre dalle 13, anche se si possono lasciare gli zaini prima), camminando per le strade di Hoi An allagate, letteralmente. Tanto che prima compro un paio di ciabatte al mercatino locale per togliermi le scarpe e camminare a piedi nudi nell’acqua e poi un ombrello, il poncho non era abbastanza per ripararmi. La famosa città delle lanterne, vista su mille fotografie, con un’atmosfera che da sola vale il viaggio in Vietnam….e io la ritrovo allagata?! Cerco di combattere questo pensiero negativo che continua a passarmi nella testa guardandomi attorni e dicendo a me stessa: però guarda i locali, acqua o non acqua se ne fregano, loro continuano a andare sullo scooter o in bici, a vendere al mercato, a portare i bambini sulle moto con un poncho e via, la pioggia non cambia nulla nelle loro giornate. Ecco, dopo queste riflessioni non è che il mio morale sia risalito così tanto, ma almeno ci ho provato a vedere le cose da un altro punto di vista. La svolta della giornata è stata la possibilità finalmente di farsi una bella doccia calda in ostello e subito di provare l’attività di costruzione di una lanterna, proprio accanto al mio ostello, al Lanterns Bliss – consigliatissimo (sono tornata anche due giorni dopo a creare un’altra lanterna!). La donna che gestisce questa attività è di una pazienza e gentilezza incredibile, ero l’unica partecipante in quel momento e mi ha dedicato tutte le attenzioni nel seguirmi passo dopo passo nella realizzazione della mia lanterna, chiacchierando con me e rispondendo alle mie curiosità. Al termine di questa oretta in sua compagnia, con la soddisfazione della mia lanterna da portare a casa (la si può piegare e mettere comodamente nello zaino) e con il ricordo della bella chiacchierata con questa anima gentile, torno in ostello pensando che nonostante la giornata sia iniziata nel peggiore dei modi, ha poi preso una piega diversa.

Forse proprio da questa scia positiva incrocio una ragazza indiana che sta nel mio ostello, anche lei in viaggio da sola, e decidiamo di andare insieme a visitare la famosa città vecchia, la Old Town. Nonostante la pioggia, questa parte della città la sera indossa la sua veste migliore con le famose lanterne illuminate ad ogni angolo e un’atmosfera che, sembra banale dirlo, ma è magica. Qui incontriamo un altro gruppetto di viaggiatori riuniti per caso e in un attimo ci accordiamo tutti per andare al Night Market dove proviamo il famoso durian, il frutto classificato come il più puzzolente del mondo (vero! Ma il gusto non è così male, seppur si tratti di un caos gustativo totale) e poi a cena a provare il piatto locale, il Cao Lau, al Cao Lau Khong Gian Xanh, un locale consigliato dall’ostello. La cena passa raccontando e ascoltando i racconti delle vite di ognuno; allo stesso tavolo abbiamo Italia, Portogallo, India – si scoprono cose nuove di ogni nazione e di ogni cultura. Insomma, questa giornata iniziata in maniera pessima si è conclusa nel migliore dei modi. That’s life.

La mattina successiva parte, ovviamente con pioggia, ma con l’ormai fidato Free Walking Tour, prenotato sempre sulla piattaforma Guru Walk. La guida di oggi si chiama Karla, ed è una simpatica ragazza vietnamita che riesce a intrattenere me e il gruppetto di altri 5 viaggiatori in modo ottimale tra nozioni storiche, culturali, qualche battuta e condivisione della propria storia di vita. Come nelle esperienze precedenti di walking tour, confermo che si tratta di attività da provare possibilmente il primo giorno che si è nella città perché danno sempre un sacco di spunti relativi a cose da vedere, posti dove mangiare o altri suggerimenti che è inevitabile poi voler provare tutto quello che consigliano! Nel caso di Hoi An il walking tour prevede anche l’acquisto del ticket di ingresso alla città vecchia, con cui si può accedere anche a 5 edifici a scelta tra quelli visitabili; parte del ticket è destinato alla conservazione della città, riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio culturale mondiale nel 1999. Tra gli edifici storici visitati nel tour meritano sicuramente la Japanese Culture Gallery, il Japanese Bridge (dove Karla ci spiega anche come rivolgere una personale “preghiera” davanti agli altari accendendo un bastoncino di incenso…al di là di qualsiasi religione è un bellissimo modo per prendersi un minuto da dedicare a se stessi o ad altri mandando un pensiero) e i vari templi presenti in città (non mi ricordo il nome di tutti!). Tra le attività “commerciali” da annotare per chi passerà a Hoi An: Nha co Quan Thang, ristorante/abitazione dove osservare le signore che preparano a mano i White Roses, ravioli tipici, e dove ci si può sedere direttamente a mangiarli; il Mòt, locale ora di moda sui social, dove bere una bevanda a base di una miscela di erbe che sembrerebbe avere proprietà benefiche; la Reaching out Tea House dove gustare un tè in assoluto silenzio osservando il via vai della via di fronte, mentre si viene serviti da personale non udente, con cui si può comunicare o in lingua de segni o con una serie di piccoli mattoncini con parole chiave (grazie, il conto, vorrei ordinare, …) che si trovano sui tavoli. Davvero un bel locale. Terminato il tour proseguo a girare le bellissime vie della città (con l’ombrello, ormai sono rassegnata) e durante una sosta caffè conosco Simon, un simpatico signore inglese con cui conversiamo piacevolmente e ci ritroviamo per cena, insieme alla ragazza indiana conosciuta il giorno prima. Decidiamo di cenare in un ristorante tipicamente indiano dove lei ci insegna cosa e come mangiare, così dal Vietnam ci troviamo catapultati in India. La bellezza del viaggiare è universale!

Nella giornata successiva, nonostante il meteo avverso, decido di noleggiare una bici dall’ostello e mi dirigo verso i rice fields, i campi di riso che si trovano attorno ad Hoi An – anche sotto la pioggia hanno il loro fascino e, come detto all’inizio, pioggia o non pioggia i locali sono comunque lì a coltivare il riso, stivaloni ai piedi, poncho e via. Raggiungo anche il bellissimo villaggio di Tra Que e mi ritrovo a pedalare in mezzo a degli orti curatissimi, è uno spettacolo per gli occhi. Se qualcuno volesse soggiornare in questa parte di Hoi An per stare in mezzo alla natura, pedalando ho intravisto delle graziosissime guesthouse (e un ottimo locale – Rao Cafè). La pedalata mi porta poi fino a Thanh Ha Pottery Village, un villaggio famoso per la lavorazione della ceramica – in realtà non mi è piaciuto, mi ha dato l’impressione di una realtà totalmente turistica dove l’obiettivo è far spendere soldi, non ho ritrovato affatto l’autenticità di altre esperienze qui ad Hoi An (come ad esempio la creazione della lanterna). Rientro verso la città in tempo per assistere ad uno spettacolo (gratuito, o meglio, incluso nel ticket di ingresso della città vecchia del giorno precedente) presso la Traditional Art Performance House: è uno spettacolo assolutamente da vedere, in un piccolo teatro con gradinate in circa mezz’ora si esibiscono musicisti, ballerini e attori mettendo in scena spettacoli folkloristici per concludere con una sessione del bingo locale (il Bai Cho) che prevede l’estrazione di figure al posto di numeri, accompagnata da canzoni popolari per ogni figura estratta, con il coinvolgimento del pubblico nel gioco. Concludo la serata con un’ottima cena vegetariana al Minh Hien Vegetarian Cuisine, posto da provare.

Lascia un commento e dimmi cosa ne pensi!

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Con l’invio di questo commento, accetto i Termini e Condizioni.

Altri articoli

Chi sono

Silvia

Nata a Clusone (BG), vivo e lavoro a Milano.

“Non tutti quelli che vagano sono persi” – ecco, l’idea di perdermi nel mondo e nelle sue mille facce mi affascina proprio. Natura, culture, persone, esperienze nuove: sono curiosa di tutto ciò. E tu?

Articoli Popolari

  • All Post
  • Altro(ve)
  • Cammini e trekking
  • Gite alternative
  • Gite di una giornata

Newsletter

Ti sei iscritto con successo! Errore

Categorie

Edit Template

© 2023 Silvia Balduzzi